L’ISPIRAZIONE
Fin da bambina mi apparivano strani e, come minimo fuori contesto, le decine di graziosi libri di una tal Liala allineati sullo scaffale della bottega di mio nonno; falegname di professione e uomo tutto d’un pezzo. Certo, l’ingenua innocenza vive nello sguardo dei bambini ma, visto che ingenua e tanto meno innocente non lo sono mai stata, fin da allora trovavo singolare quella strana convivenza tra le bellissime donne dallo sguardo languido, raffigurate sulle copertine della suddetta Liala, e gli scalpelli e martelli di mio nonno. Il mistero venne svelato il giorno in cui, essendo mio nonno in vena di clamorose rivelazioni, nemmeno si trattasse di un segreto di stato, svelò ad una perplessa nipotina che lei poteva vantare di avere lo stesso sangue di una famosissima scrittrice.
E narrò così la vicenda di questa sua bella e lontana cugina che da una tragedia d’amore seppe passare al successo editoriale, divenendo nel giro di pochi anni la più grande scrittrice rosa di tutti i tempi e nel mentre lo diceva indicava, con gesto plateale, i misteriosi libri della ancor più misteriosa Liala.
Con il senno di poi credo che mio nonno tendesse ad enfatizzare un tantino certi piccoli particolari; come quando mi raccontava, per la decima volta almeno, le visite che l’elegantissima Liala faceva ai parenti del paesello.
Ogni volta la versione si arricchiva di nuovi ed esotici dettagli; la Fiat Balilla si trasformava in un’Isotta Fraschini con autista in livrea ed il cappotto dell’elegante signora diventava una pelliccia di ermellino.
D’altra parte, se buon sangue non mente, anche nelle vene del mio pragmatico nonno falegname scorreva, vivacissimo, il gene dell’iperbole fantasiosa.
Reali o verosimili che fossero questi racconti hanno accompagnato tutta la mia infanzia e Liala, ad un certo punto, ha soppiantato nei miei sogni di bambina le varie Biancaneve e Cenerentola. Gli ingredienti c’erano tutti; bellezza, ricchezza, un amore infelice e, soprattutto, un principe azzurro che aveva le fattezze di un biondo aviatore.
E, se come abbiamo già detto, è vero che buon sangue non mente, divenuta io stessa un’artista, sebbene non della pagina scritta ma del palcoscenico, mi è parso naturale rivolgere il mio ardore interpretativo verso l’icona della mia infanzia a cui pare, qualcuno dice, io somigli anche in modo evidente.
Tutta questa gran somiglianza io non la vedo ma è certo che a questa lontanissima parente mi lega la passione per la realtà che si fonde con il sogno e la fantasia.
E dove, se non in teatro, ci si sente fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni?
Detto fatto; il sogno è diventato uno spettacolo che vuole rendere omaggio ad una donna che ebbe la forza e l’intelligenza di trasformare il nero di una tragedia d’amore nella più rosa delle carriere letterarie.
Quella donna era Amalia Liana Cambiasi Negretti Odescalchi, in arte Liala!
Laura Negretti